Mese: settembre 2012

Fare i conti con se stessi per divenire ciò che si è

In una società sempre più accelerata i tradizionali schemi concettuali relativi ai modelli diagnostici rischiano di non risultare più utili a comprendere i disturbi psicologici attuali e le sofferenze mentali degli individui perché ingabbiano il discorso delle persone in strutture generalizzanti e poco flessibili.

Di fronte al declino dei punti di riferimento ereditati dal passato e alla crisi emotiva e cognitiva che le società occidentali stanno attraversando in questo periodo storico, le persone si trovano spesso a scegliere  tra due soluzioni apparentemente opposte : da una parte ci si chiude nel’isolamento di una identità forte , refrattaria a scambi , contaminazioni con l’altro, che può essere una persona come un pensiero nuovo o un’emozione mai provata , dall’altra ci si disperde in un caleidoscopio di identità multiple.

In questo caso  il porsi  domande su se stessi sembra  diventare una analisi ingombrante perchè l’identità diventa un abito cangiante, multiforme sempre più vario come sono sempre più numerosi gli oggetti da consumare.

Il benessere e la soddisfazione ottenuta attraverso il cambiamento della propria immagine esteriore, nel tentativo di ridurre la complessità della propria identità interiore, diventano essi stessi,  non uno degli scopi del consumo, ma il bene stesso da acquistare ( centri salutisti, chirurgia estetica,etc..).

Non c’è niente di male in tutto questo, ma queste pratiche  non sono sufficienti a contenere il dolore , in quanto  quest’ultimo  è solo rimandato , represso .

Si smarrisce la dimensione della continuità, l’apertura al nuovo, si esclude la possibilità di modificarci, di andare avanti sviluppando aree di potenzialità non ancora espresse. In entrambi i casi la tendenza che prevale è l’autoreferenzialità ( che non va repressa, ma ha bisongo di essere arginata per diventare costruttiva), si ha la sensazione che “ci si parli addosso”, ripetendo schemi familiari  e confermandosi nell’immagine che si ha di se stessi ,  comportandosi come se si fosse arrivati a “destinazione” , raggiunta la maturità per sempre e una volta per tutte, sempre più inclini a non accettare le frustrazioni imposte dal mondo reale.

La personalità allora assume una posa statica, nel polo” ludico”, più ironico o cinico a seconda dei casi, diventa più difficile osservare questo congelamento del divenire per via di una esibizione vitalistica di apparenze diverse.

Se ci si sofferma con più attenzione la rigidità emotiva si evidenzia nell’impossibilità di essere seri , nella coazione di prendere tutto per gioco ,prende spoazio un’ironia fredda , tegliente  che  evita spasmodicamente i sentimenti  di colpa e si sforza  di tenere alla larga la depressioneMa  alla lunga,  più si tenta di evitare il dolore, maggiore diventa  l’insoddisfazione e l’ansia.

La psicoterapia offre in queste situazioni di “empasse esistenziale “ la possibilità di vivere e di esprimere la trasformazione, l’incertezza, il cambiamento , assumendosi in proprio la consapevolezza e la responsabilità del divenire.

Il video è un installazione di un giovane artista portoghese che mostra la città riflessa , proiettata da una borsa di specchi che viaggia: ci sembra un lavoro che mostra in maniera allusiva i rischi narcisistici, di  frammentazione e la potenziale ricchezza  presente nella contemporaneità.