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Pensare con il corpo : la terapia sensomotoria

Non riuscite a sentire le vostre sensazioni oppure  non siete in grado di descriverle ?

Può accadere che in alcuni momenti più critici della vita  la mente prenda il sopravvento  negando  al corpo l’ascolto e sebbene non siano accaduti eventi traumatici, a causa dei quali  potreste essere spaventati  dai segnali fisici,  tendete a  rimuginare sul passato, desiderate avere il controllo su quello che vi capita e vi sta  intorno o più semplicemente preferite intellettualizzare e dare molta importanza alle parole e ai discorsi .

Tutto questo processo funziona perfettamente fin quando si tratta di programmare , progettare , eseguire dei compiti e delle richieste,  tuttavia può creare problemi  se  si usa  questa modalità  per stare con se stessi o entrare in relazione con gli altri.

L’inconveniente  nasce nel momento in cui entriamo nel campo delle relazioni e degli affetti perché gli schemi mentali che abbiamo appreso con il tempo vengono applicati in maniera seriale e ripetitiva ostacolando il benessere.

Questi schemi mentali comprendono delle credenze che ci dicono cosa è giusto o sbagliato , dei vissuti emotivi e sensazioni fisiche vincolanti .

Ad esempio se  ho   imparato a non fidarmi delle persone che al primo approccio mi sorridono , di fronte ad una persona che si presenta in questo modo, proverò sentimenti di rabbia e sensazioni di disgusto che mi spingeranno ad  evitare lo sguardo oppure a corrucciarmi  comunicando qualcosa come “ cosa vuoi tu da me ?”, di conseguenza  la  postura  di chiusura  e i gesti di rifiuto esprimeranno questo pensiero .

In questo caso il passato ritorna schiacciando il futuro e le sue possibilità .

Le reazioni difensive avvengono in maniera automatica,  al di là della consapevolezza, oppure vengono  riconosciute, ma lo schema mentale che viene attivato è una routine implicita cosi radicata nel corpo che resiste ad ogni  analisi o messa in discussione verbale .

Purtroppo questi  atteggiamenti  hanno un costo e prima o poi si paga il conto: in generale ci si può accorgere di non essere presenti e vivi al momento presente.

I pensieri  trascinano l’esperienza  in un vortice di pregiudizi e aspettative creando un distacco da quello che il  corpo potrebbe vivere nel qui e ora.

Spesso  si tratta  di una strategia di sopravvivenza per non soccombere a sensazioni ed emozioni negative.

Se mi offrissi l’opportunità di esplorare i  pensieri potrei trovare delle credenze che mi spingono a non fidarmi delle persone  che sorridono  e probabilmente scoprirei che nel corso della mia vita ho  incrociato  una persona che mi ricorda quella attuale che si è rivelata sgradevole  o mi ha ferito profondamente .

Per risalire ai pensieri è essenziale rimettere in moto  le sensazioni con un ritmo lento , graduale , consapevole   recuperando la  capacità di sentire e di  ascoltare il corpo che  si è allontanato gradualmente  dalla nostra coscienza .

Nel corpo è infatti depositato ciò che ci  ha ferito o traumatizzato nel passato e quindi è li che si nasconde la chiave per guarire .

Per questo motivo quando siamo intrappolati in schemi o modelli mentali che ostacolano  lo stare bene con noi stessi e con gli altri è necessario entrare in contatto con il  corpo attraverso attività che impieghino il movimento  del corpo ( senza dover competere o dover raggiungere delle prestazioni ) per viverlo meglio e    imparare a prendersi cura attraverso una  terapia che non si fermi solo alla storia, ai sogni e ai simboli, ma che comprenda anche  l’osservazione dell’esperienza corporea e senso motoria .

Sintonizzarsi  con il corpo in modo compassionevole e gentile per studiare com’è organizzata la nostra esperienza ci consente di sbloccare quello che impedisce di sentirsi vivi.

Il cinismo e i suoi effetti sull’anima

Vivere in una comunità solidale orientata al bene comune costituisce il principale fattore ambientale nel determinare la salute mentale delle persone.

È curioso come, di solito,  ci scordiamo questo elementare assunto in una società dove predomina la  spinta all’individualismo .

Da Diogene in avanti il cinismo è stato un sentimento molto presente nella vita pubblica, ma, dall’ultimo scorcio del secolo scorso, ha cominciato a farsi strada  dovunque nella psicologia quotidiana.

Quante volte ci è capitato di sentire o di avere pensato “ Ma non c’è differenza , sono tutti uguali ! Tutti corrotti !” in queste parole risiede l’essenza dello spirito cinico : eliminare ogni  sfumatura,  appiattire tutte le distinzioni nel segno di una comune insensibilità e disprezzo per i valori, una istintiva pulsione alla sopravvivenza .

La diretta conseguenza di ciò è che “ se gli altri lo fanno, perché non dovrei farlo anch’io “, una constatazione fredda   che esprime una sfiducia nei confronti di coloro che ci circondano e che ci rende disponibili ad ogni comportamento .

Il sentimento cinico comporta  considerare  gli altri come ostacoli da rimuovere nella corsa  alla propria  realizzazione personale e, arrivati a  quel punto,  il passo dal trattare se stessi e gli altri come delle macchine con il pilota automatico  diventa breve.

Il cinismo può forse  favorire a raggiungere il potere e il successo personale,  ma non porta di certo a stare bene con se stessi e gli altri .

Il cinismo rafforza le difese, mette a distanza gli altri , crea barriere e separazioni e alimenta la paura e la disperazione. E spesso carica il corpo di tensioni eccessive pronte a scoppiare:  tensione fisica , rigidità muscolare , disturbi psicosomatici.

E’ un umorismo freddo quello che protegge lo spirito cinico dal contatto con gli altri  e propaganda la durezza della vita.

Il cinismo diventa una tossina che cresce e si alimenta di ogni esperienza traumatizzante, ogni offesa o frustrazione della vita e che si espande attraverso la paura, il dispiacere e la disperazione.

Sappiamo che credere nell’eliminazione della povertà e nella realizzazione di una società fondata sull’uguaglianza  dove le relazioni tra le persone saranno armoniose e funzioneranno rappresenta  un’illusione che determina ancora maggiore sofferenza.

Ma lavorare su sè  stessi per rendere più vivibile il presente , scegliere di dare più fiducia alla vita , imparare a rispettarla nelle sue diverse forme a partire da quelle meno visibili come  l’aria che circonda, il soffio  della natura, del nostro respiro o da quelle più fragili, i bambini, gli anziani, gli animali può essere un modo per instaurare  un rapporto più autentico con noi stessi,  uno sguardo  diverso sul presente e sul mondo che condividiamo.

Entrare in contatto con le parti più profonde di noi stessi per entrare in risonanza con gli altri : è questo il succo dell’empatia .

Significa sentire la sofferenza per accorciare  la separazione  tra noi e gli altri , perché mentre  i nostri cuori sono ben aperti davanti alla sofferenza, quella nostra e quella degli altri ,  anche altre emozioni, quali la gioia , la felicità si possono a quel punto dischiudere più facilmente .

Per essere empatici non è necessario ricorrere a principi o modelli ideali, è sufficiente farsi guidare dall’intelligenza emotiva degli animali : osservare meglio il loro comportamento, la loro capacità di fermarsi davanti al dolore e di prendersi cura dei loro simili in situazioni di difficoltà.

In questo modo potremmo notare che   l’egoismo e  l’indifferenza sono  pulsioni meno “animali” di quanto si creda, mentre l’impulso altruistico appartiene al nostro corredo genetico di base , quello condiviso con gli altri esseri viventi del pianeta, alla nostra essenza più intima ( a dispetto di quanto afferma  sia chi professa la morale,  sia chi pubblicizza il cinismo )….

La vergogna un sentimento che fa scomparire

Quanto nascondiamo di noi stessi agli altri ?

Quante volte ci impediamo di gioire e  soffrire pienamente?

La vergogna è un sentimento  che impedisce di  vedersi per come si è veramente e di conseguenza  di comportarsi  liberamente .

Questo sentimento nasce da un senso di inferiorità, una bassa autostima, una cattiva immagine di se stessi.

Spesso le persone che vivono questo sentimento  si sentono sbagliate o cattive e questa percezione di se stesse le spinge a controllare il proprio modo di essere e di come appaiono agli altri .

Ciò può creare difficoltà nelle relazioni  amicali, sentimentali e lavorative.

La paura di essere giudicati spesso genera una profonda diffidenza verso gli altri, comportamenti di chiusura ed isolamento  finalizzate ad evitare le relazioni , sperando in questo modo di sbarazzarsi dalla possibilità di soffrire ulteriormente.

Un trauma oppure una relazione di attaccamento insicura con le figure adulte vissuto durante l’infanzia ha l’effetto di creare una profonda ferita interiore che genera una difficoltà a viversi a proprio agio nel corpo oppure a giudicare ciò che si prova o si pensa come qualcosa di intollerabile rafforzando sempre di più l’idea di essere indegni e alimentando il desiderio  di scomparire .

La disperazione può toccare livelli intensi fino al desiderio  di farla finita, a questo punto il suicidio sembra essere l’unica soluzione rimasta per liberarsi di tutto questo dolore.

La vergogna si manifesta in comportamenti  fisici o somatici quali lo sguardo basso, le spalle incurvate, una postura più afflosciata, un’andatura sghemba, la voce flebile, il rossore sul volto, una sudorazione eccessiva….

Se si esplora a fondo dentro di sè si individueranno delle convinzioni profonde che possiedono la caratteristica dell’obbligo e del vincolo:“devi essere in questo modo  “, “non puoi essere o mostrarti in quest’altro modo“,”il mondo è fatto cosi”,” nella vita bisogna comportarsi in questa maniera”,“tu non sei adatto per questo ” e cosi via….

Per superare  la vergogna  è necessario riconoscerne l’origine , superare le barriere difensive che impediscono di guardare dentro,  sciogliendo le tensioni che prima di tutto si creano  nel corpo  e il individuare il loro legame con la mente .

Focalizzando l’attenzione sulle sensazioni, il movimento, la gestualità , il respiro e  la voce si può riprendere contatto con se stessi.

Sollevando i pesi che si portano dentro, riconoscendo l’infondatezza di certe convinzioni profonde che si ritengono vere e scontate, prendendo coraggio a vedere ciò che è pieno , non ciò che è vuoto,  e ciò che è piacevole, migliorando  l’accettazione di se stessi, sviluppando interiormente  uno sguardo compassionevole e a amorevole verso se stessi, il  corpo , le  emozioni , allora si potrà tornare  a  vivere,  finalmente liberi dalla paura del giudizio.

Io sono qui: la sicurezza per affrontare l’ ansia


Non vi siete mai sentiti almeno una volta nella vita al sicuro, lontani da ogni pericolo e preoccupazione?

Sentire il vostro cuore espandersi , da qualche parte dentro di voi aprirsi un oasi di tranquillità e di calma, un sentimento di gioia pervadervi,  come se una specie di grazia leggera vi  toccasse  proprio in quell’attimo.

Se ci fate caso, non è una sensazione che se ne va via immediatamente , le si può prestare attenzione, lasciare che prenda spazio e forma, la si può cullare dolcemente e permetterle di svilupparsi, di allargarsi dentro.

In quel momento siete in uno spazio protetto,  dove niente e nessuno vi può disturbare e  potete essere voi stessi e i pericoli , le paure e le angosce si mantengono lontani.

Bene,  avete trovato il vostro  posto sicuro !

Che cos’è esattamente il posto sicuro ? E’un luogo dove vi sentite protetti, uno spazio tutto per voi stessi, simile alla stanza tutta per sé  di Virginia Woolf.

Se vi siete abbandonati a queste sensazioni, a questo punto coglierete l’arrivo di un’immagine mentale : una casa sull’albero, una radura in mezzo al bosco, un campo di girasoli, una spiaggia deserta, una stanza raccolta, una poltrona comoda, una panchina nascosta. Spesso a questi posti si associano suoni, profumi , sensazioni tattili , sapori….  Questi luoghi  appartengono a dei ricordi d’infanzia che vi  sono cari,  altre volte sono posti in cui siete stati che   hanno lasciato un segno indelebile nel vostro cuore, altri sono luoghi immaginari, della fantasia in cui trovate un ambiente che  trasmette serenità, calma , armonia.

Ognuno ha il suo  luogo sicuro differente da quello degli altri….può appartenere al passato , può essere piccolo, grande, ma tutti  hanno in comune di essere speciali e di essere circondati da un’aura di  stabilità in cui non si avverte pericolo , ansia o dolore.

Non è sempre facile trovarlo soprattutto se una persona  non si è mai sentita veramente  al sicuro nella sua vita  a causa di difficolta’ e problemi della vita o a causa di eventi  traumatici che hanno travolto l’equilibrio e la pace interiore. Spesso in questi casi una terapia può sbloccare questa situazione di sofferenza e di arresto.

Provate a prestare attenzione al vostro  corpo prendendo una pausa dalla frenesia delle attività quotidiane, rallentate la velocità e rivolgete attenzione al centro del vostro essere , del vostro petto, lo trovate , è lì in qualche parte del nostro corpo, c’è sempre stato,  un’ energia  che sgorga da dentro quando vi  sentite uniti, in armonia con voi stessi : un  rifugio dell’anima.

Il nucleo  pulsante , vibrante del posto sicuro è costituito dalle sensazioni che sono accompagnate dalla consapevolezza del respiro perché il respiro vi permette di ancorare le immagini al corpo e  non volare via con i pensieri.

Se il posto sicuro è autentico ed incarnato lo vivete adesso , nel momento presente .

Quando ci sono delle difficoltà si possono adottare le seguenti strategie : si può partire da un’immagine di bellezza e luminosità e si usa questa immagine per esplorare  nei ricordi oppure si prova a intercettare dentro di sé una sensazione di benessere, di piacere e a sintonizzarvi con essa; se neanche questo funziona, si può provare a partire da un aspetto di voi stessi che vi piace per cui vi sentite bravi, forti, in gamba e si comincia da quel punto a ri-costruire un ambiente sicuro.

Ognuno ha il potere e la libertà  di trovare il proprio rifugio interiore. 

Da donna a donna.La donna soggetto di letteratura

Dalla mia prefazione al libro della Prof.ssa Gian Piera Leone che raccoglie le testimonianze scritte ed interviste di donne che narrano la condizione femminile tra fine 800 ed inizio 900 come elaborato finale del corso di letteratura per l’Università della terza età di Trecate.

 Gli esseri umani sono intessuti di ricordi, essi sono la trama nella quale sono intrecciati i desideri, fantasmi, pensieri ed emozioni che si vivono ogni giorno.

La memoria è una facoltà fragile, sottoposta a continue revisioni e aggiustamenti, persino deformabile a seconda delle nostre esigenze, consapevoli o inconsapevoli.

Nonostante la materia vulnerabile di cui sono fatti i nostri ricordi, a loro costantemente ritorniamo per dare un senso alla nostra vita e provare ad  orientarci nel futuro.

L’impresa delle donne del Progetto del corso di letteratura  condotto da Gian Piera è preziosa in particolare per due motivi: prima di tutto restituisce a noi lettori il clima della condizione femminile tra ‘800 e ‘900 permettendoci di sentire attraverso le parole il valore di vite passate in un tempo diverso da quello attuale; inoltre ha consentito a tutte loro di lavorare per ricostruire la propria vita interiore.

La vita acquista un senso e una armonia diversa nel momento in si  fa ordine nel proprio mondo interiore recuperando i ricordi nella loro interezza evitando sia di  scartarli che di accatastarli.  

Infatti, la spinta ad integrare i ricordi delle proprie esperienze, piacevoli e spiacevoli,  in un insieme  coerente,  rappresenta un bisogno essenziale dell’animo umano. 

Nello scorrere queste storie si  avverte tra le righe lo sforzo delle  persone intervistate a  recuperare i propri ricordi , anche quelli dolorosi, per percepire l’originalità della propria storia e quindi della propria esistenza.

Storie di donne  che, nell’affrontare  e conciliare vita sentimentale,  cura dei bambini e  tempo di lavoro, elaborano piano piano la propria identità femminile con coraggio e dignità ammirevoli.   

L’esperienza della scrittura e dell’intervista fornisce l’occasione per  porsi domande sul proprio percorso esistenziale e sul ruolo di nipoti, figlie, madri , mogli e nonne immerse fin dalla nascita in una fitta trama di  relazioni: è interessante osservare come ogni scrittura  faccia riferimento fin dall’inizio alla propria posizione nella trama generazionale e  familiare .

In questo passaggio di eredità tra le diverse generazioni  si può cogliere il processo spesso doloroso e a volte incompiuto delle donne del secolo scorso nel liberarsi del peso del passato per diventare soggetti consapevoli della propria affettività e della propria autonomia.   

Buona lettura.  

Io e Anna

La gente ricca non ti poteva soffrire . E tuo padre,  che era ricchissimo, non ti poteva soffrire nemmeno lui. E tu non volevi bene a nessuno e nessuno veniva da te alle sedute. E anche i miei genitori odiavano me, e cosi pure facevano H. , W. e A. Tutti ci odiavano al mondo , anche la gente che non ci conosceva, anche i morti. Così tu volevi bene solo a me e io solo a te e noi stavamo sempre insieme. Tutti gli altri erano molto ricchi , ma noi eravamo poverissime. Non avevamo niente , nemmeno i vestiti , perché ce li avevano portati via . Nella stanza era rimasto solo il divano , sul quale noi dormivamo insieme

La fantasticheria di una bambina ad Anna Freud durante una seduta di gioco.

( ai primi di Giugno del 1938, in una  Londra non ancora devastata dai bombardamenti, arriva Freud, anziano e  malato, accompagnato dalla figlia fuggendo da Vienna già occupata dai nazisti; Ora al 21 di Maresfield Gardens  di Londra dove Anna Freud vedeva i bambini nella stanza da gioco si trova l’Anna Freud Centre ).

 

RECENTI PUBBLICAZIONI IN ITALIANO  PER SAPERNE DI PIU‘:

Legami e libertà, lettere di lou Andreas -Salomè e Anna Freud, traduzione di Laura Bocci,La tartaruga , 2012

Gemma Trapanese, Anna: <<figlia d’oro>>, in P.Cupelloni ( a cura di ), Psicoanaliste, franco Angeli, 2012 pp.82-102

A ciascuno la sua terapia: psicoterapia integrata e neuroscienze

Eric Kandel autore di molti libri affascinanti sul rapporto tra neuroscienza , arte e psicoterapia durante un’interessante intervista sottolinea la necessità di un rapporto sempre più fertile  tra psicoanalisi, psicoterapia  e neuroscienze.

Ed evidenzia come le psicoterapie, se opportunamente modulate su quel paziente specifico che esprime  la sofferenza secondo quella modalità tutta sua, possono generare modificazioni che riguardano le  connessioni sinaptiche e quindi la  struttura del cervello.

Il  rispetto della persona  che chiede aiuto, della sua sofferenza e del suo sintomo  rappresenta il primo passo per evitare di fornire risposte preconfezionate. Ascoltare , dare supporto e sicurezza sono le vie per poter accedere alle emozioni e  costruire uno  spazio di contenimento dentro il quale elaborare e sciogliere i blocchi relazionali o interni.

La mindfulness, l’EMDR, la psicodinamica, la mediazione, le tecniche corporee ed esperienziali cosi come quelle cognitive ed emotive  sono gli  strumenti che abbiamo nel nostro zaino…ma i tempi e i modi per applicarli sono flessibili e diversi per ognuno.

Un passo alla volta ( procendendo a tratti  lentamente ed in altri  più velocemente ) il percorso si  definisce e ogni persona  trova   la sua strada  per conoscere e curare l’ anima.

Un’augurio : che ognuno possa trovare la sua via !

Vie di uscita dallo stress e dall’infelicità

Perché non sono  felice ? Questa domanda rivela la facilità con cui mille distrazioni oscurano la consapevolezza interiore  e allontanano  dal contatto profondo con se stessi.

Proviamo intanto a chiederci ” Che cosa ostacola la mia felicità ?…..”

Forse siamo insoddisfatti della vita che conduciamo perché ci ostiniamo a perseguire   obiettivi irraggiungibili ( una casa o un auto più grande, diventare visibili e famosi..etc) ?  Attaccandoci a delle illusioni ( il successo personale ,la società perfetta,  la pace in tutto il mondo… )  o  desiderando fatti  che non si realizzano ( “mi aspettavo che quella persona si comportasse in maniera diversa con me..”.) ? Oppure perché rifiutiamo ciò  che stiamo vivendo ( dolore, frustrazione, impotenza, tristezza… )  in nome di qualcos’altro che non è presente  in quel momento nella nostra vita ? Spesso  dimentichiamo  di soffermarci sulle  piccole cose che fanno parte della quotidianità, che spesso diamo per scontate ( un paesaggio,una pianta,  un animale , una persona ) e  di coltivare una maggiore presenza nei  confronti di  noi stessi….

Simon Weil, da qualche parte nei suoi scritti, affermava che ogni volta che dedichiamo attenzione a qualcosa di specifico distruggiamo una parte di male in noi stessi e nel mondo che ci circonda.

Ognuno di noi sa istintivamente , se si guarda dentro con calma e sincerità , qual’ è la direzione giusta da prendere , poi si tratta di impegnarsi in quella direzione, anche con piccoli passi e  un po’ per volta, senza giudicarsi per quello che non si è riusciti  a fare .

In questo senso la mindfulness può essere un buon strumento di esplorazione e un efficace allenamento per nutrire lo spirito ed equilibrare il corpo e la mente.

La mindfulness può essere un valido aiuto perchè rinforza l’attenzione e  permette di ancorarci al presente radicandoci meglio nel corpo evitando in questo modo di perderci nei pensieri, preoccupazioni e rimuginii.

A volte  semplicemente  l’intenzione di comprendere come siamo fatti dentro e di poter stare meglio può esercitare un cambiamento, perché questo proposito ci spinge sia  a dedicare tempo ed energia verso lo spazio interiore, sia a riporre maggiore fiducia nelle nostre capacità interiori.

Prendersi cura di se stessi  significa diventare più consapevoli degli schemi che  condizionano la mente e il corpo  e di poterli finalmente  abbandonare per lasciare il  posto a nuove esperienze , nuovi modi di essere.

E quindi a tutti : auguri di  Buon viaggio dentro se stessi !

Come supero l’impatto emotivo dei traumi?

Le ferite interiori continuano a sanguinare quando un trauma (o un evento critico, un clima relazionale  respirato fin da bambini ) che abbiamo vissuto nel passato non si è risolto. L’effetto più potente dei traumi è  il corpo  che si muove  separato dalla mente  . Per questo motivo se un evento ha rotto gli equilibri della vita darsi la possibilità  di essere aiutati  ad ascoltare le sensazioni che provengono dal corpo è indispensabile, così come  rinforzare e sviluppare  un’attenzione crescente verso i fenomeni interni può consentire la guarigione da un blocco psicologico profondo e la ripresa della crescita emotiva.

Una delle principali conseguenze del trauma è infatti non sentirsi  a proprio agio nel corpo, mentre la mente viaggia chiudendosi in mondi distaccati dalla realtà ,mondi paralleli che sebbene all’inizio assomiglino a dei nidi confortevoli  diventano man mano dei gusci sempre più soffocanti ed angoscianti tagliandoci fuori da esperienze della vita che possono essere piacevoli e gratificanti.

Sia la mindfulness che la psicoterapia contemplativa ripongono  la fiducia sul processo di salute intrinseca presente in ogni individuo, fiducia che  permette alle persone di controllare meglio le loro reazioni corporee e le risposte di difesa .

Il principio fondamentale  che sta alla base di questi due approcci  è NON INTERVENIRE E NON GIUDICARE , LASCIARE che le sensazioni emergano senza forzature,bensi  consentendole di crescere all’interno di uno spazio sicuro e protetto dove si può’ stare con i propri pensieri, emozioni e sensazioni senza sentirsi obbligati a tradurre tutto  in parole.

Riprendere contatto con il proprio spazio interiore significa soprattutto  fare esperienza del proprio corpo , dei movimenti, gesti e  posture ( cosi come ad esempio dal tono della voce e da tutti gli elementi  non verbali o paraverbali ) per scoprire come essi guidano i pensieri e sono a loro volta influenzati dagli schemi che ci siamo costruiti  nella testa .

Infatti solo accogliendo i segnali provenienti dalla mente, dal cuore e dal corpo  e permettendo ad essi di dialogare insieme possiamo imparare a padroneggiare il passato, gestire meglio il presente e orientarci con maggiore sicurezza nel futuro.

Il tempo adolescente

Gli adolescenti hanno bisogno di amare e di essere amati , di essere accettati per quelli che sono e considerati per quello che potrebbero diventare , di fare quello che vogliono e di avere dei limiti, di essere capiti, raggiunti e di non compresi, trovati ( questi bisogni complementari e opposti  Winnicott li sottolineava molto bene).

La difficoltà dei genitori incontra quella dei figli proprio in quella sottile linea di congiunzione che esprime i conflitti  tra desideri e bisogni differenti e simultaneamente  opposti .

I genitori si trovano impegnati nel lavoro difficile di liberarsi  dai preconcetti (legati alla loro adolescenza o al dirsi “i tempi sono cambiati”), ad aspettative e ideali che spesso si sovrappongono alla realtà ostacolando la relazione che stabiliscono con i figli.

Gli adolescenti, dal canto loro si trovano occupati nel fare i conti  con   l’ingenuità e l’onnipotenza infantile  che vengono rimaneggiati e sostanzialmente smantellati sotto i colpi della realtà e del mondo che  mette a  dura prova tutte le  identificazioni e le sicurezze precedenti.

Nell’attraversare il  tempo della pubertà  la mente di un adolescente  spesso non riesce a stare al passo delle trasformazioni corporee, anche per questo motivo  i ragazzi si trovano di fronte alla tentazione di bloccarsi o regredire coltivando l’illusione di riuscire in questo modo a  fermare il tempo  ed evitare le delusioni e le frustrazioni inevitabili della crescita.

I  media inoltre esercitano una pressione molto forte proponendo modelli a cui conformarsi , ideali di bellezza e di comportamento a individui  che,  mentre perdono i loro punti di riferimento principali, sono affamati  di  identità potenziali  e sono tesi  alla ricerca di un esempio da seguire. .

In questa situazione diventa fondamentale il contesto di vita del ragazzo , la qualità delle sue relazioni dentro e fuori dalla famiglia e il confronto con le soluzioni che di volta in volta il ragazzo trova per rispondere ed adattarsi alle sollecitazioni provenienti dal mondo esterno.

Le immagini di cui è popolata la nostra mente costituiscono il cibo per pensare le emozioni ,  e così gli adolescenti, in un momento in cui è così faticoso pensare si rivolgono meno alle parole, di più  alle immagini e ai suoni per dare forma ai propri vissuti, se non tentano di espellerli attraverso gli agiti e i fatti compiuti .

Per tale ragione potrebbe essere utile esplorare alcuni fumetti o musiche ( su cui ci soffermeremo nei prossimi articoli) che negli ultimi venti anni  hanno raccontato il tempo dell’adolescenza cogliendone i drammi, le chiusure , le aspirazioni  e i gesti spontanei.      Il video è uno straordinario cortometraggio tratto da un libro illustrato  di Mara Cerri e Magda Guidi ,Via Curiel 8 che descrive l’esperienza di due soitudini che hanno in comune qualcosa tra loro  e che comunicano attraverso gli spazi del ricordo e della fantasia  percorrendo varie  età della loro crescita.