La serie televisiva “In treatment”ora in onda su la7 il Martedì sera rappresenta un buon prodotto di intrattenimento che ha il merito di umanizzare la figura dello psicoterapeuta mostrandone i lati più fragili e vulnerabili.
Ogni puntata è dedicata alla seduta del terapeuta con un paziente diverso, per 5 giorni , il sesto giorno il terapeuta incontra il suo supervisore. È interessante come la serie, nata in Israele ( “Be Tipul”), sia stata esportata prima negli Stati Uniti dove ha riscosso un discreto successo e poi sia stata ripresa da altre nazioni ( oltre quella italiana , ci sono versioni canadesi , spagnole, lusitane.,).
Quello che ne viene fuori è una rappresentazione abbastanza sincera di quello che si verifica nella realtà, nonostante la maggior parte di ciò che capita in seduta rimane invisibile ( e alcune forzature legate alla fiction), perché la terapia è anche una “recita” dove vengono messe in scena i diversi “personaggi “ che ci abitano dentro, seppure i sentimenti che vengono espressi , comunicati ed esplorati siano autentici .
Quindi la consigliamo vivamente per chi vuole, come ha descritto un paziente , “ sbirciare dal buco della serratura” , osservando con curiosità che cosa avverrebbe dentro la stanza dello psicologo.
Inoltre, può essere divertente trovare le differenze tra le storie e l’interpretazione degli attori a seconda del paese in cui vengono drammatizzate : ad esempio c’è chi ha osservato come il terapeuta italiano impersonato da Castellitto usi molto di più le mani e il linguaggio posturale di quanto facciano i colleghi di altre nazionalità.
Siamo cosi gelosi delle nostre fantasie perché custodiscono qualcosa di intimo e prezioso nella parte più nascosta e profonda di noi stessi .
Si è più reticenti a raccontare le proprie fantasie perché si ritiene che su di esse abbiamo maggiore controllo e quindi tendiamo a negarle o ce ne vergogniamo e a volte temiamo che renderle pubbliche farebbe perdere l’influenza positiva che hanno sulla nostra vita .
Nonostante le fantasie siano la materia prima dell’immaginario di cui si nutrono film e romanzi che ci affascinano , continuiamo ad attribuirle poco peso , sotto l’influenza della morale, ma anche in base a pregiudizi intellettualistici (pensiamo al giudizio di Flaubert su “Madame Bovary” ..) o razionali.
In realtà le fantasie ci forniscono , se siamo disponibili a raccoglierle, riconoscerle e soppesarle, molte informazioni su di noi, su chi siamo e chi vogliamo diventare.
Le fantasie infatti hanno origine dal desiderio e rappresentano un ponte tra passato, presente e futuro perché non solo mettono in scena ciò che ci ha segnato nel passato, ma anche quello che ci piacerebbe vedere realizzato e in questo peculiare modo forniscono l’energia per portare avanti i progetti che abbiamo. Le fantasie non sono, come banalmente si ritiene, evasione dalla realtà o fuga dal mondo.
Infatti svolgono una fondamentale funzione di adattamento nel liberarci dalle paure ed angosce, nel rassicurarci di fronte ad impegni e compiti e nel cicatrizzare antiche ferite.
Quando un paziente confida che spesso fantastica di essere un calciatore o una rockstar non sta solo compensando in maniera immaginaria ciò che non ha potuto diventare, ma anche ciò che non riesce ad esprimere attualmente e manca alla sua vita , l’immagine ideale di sè comunica il bisogno di reintegrare una parte della sua personalità fino ad ora trascurata e questo riconoscimento indica la necessità di riscoprire o di costruire qualcosa di potenziale che non si è potuto ancora manifestare pienamente. Diventare consapevoli delle fantasie che si hanno, riparatorie o progettuali, di natura sessuale o aggressiva , permette alle persone di mobilitare le energie interiori per risolvere blocchi e momenti di empasse esistenziale spingendo a rimodellare l’identità personale.
Le persone ( sia bambini che adulti) giungono frequentemente in terapia perché sono angosciate dalle fantasie e sono spaventate dalla possibilità che diventino reali : fantasie di natura sessuale ( come ad esempio, di tradire il partner o di mettere in atto impulsi sadici o masochistici ) o violenta e distruttiva ( come ad esempio fare del male a se stessi o a familiari ), soprattutto quando assumono un carattere di ossessività. Nei casi in cui i sentimenti di colpa sono talmente forti da suscitare la sensazione di essere dei mostri è indispensabile prendere in considerazione l’idea di essere aiutati per comprendere, reintegrare e organizzare tali fantasie.
Confidare a qualcuno le proprie fantasie personali consente di sollevarsi dall’ansia che esse generano, di ridimensionarne il potere e la conseguente paura di non essere normali.
E i bambini insegnano che le fantasie come il gioco sono il mezzo attraverso cui si mettono in scena e si risolvono i blocchi che ci impediscono di crescere , ” quando sfoghi la tua parte cattiva nel gioco ti liberi “racconta un bambino di 10 anni durante una seduta.
A questo punto si può osservare che il mondo reale e quello fantastico in realtà non sono cosi distinti e separati come appaiono perché le fantasie influenzano i comportamenti e motivano ad agire, mentre le esperienze modellano la forma delle fantasie. Per questo motivo individuare le fantasie personali aiuta a trattare le immagini mentali come illusioni vitali che ci spingono a comprendere meglio chi siamo e, se vogliamo, a cambiare , differenziandole dalle false certezze (miti collettivi, ideologie, mode e pregiudizi) e dall’esperienza concreta del mondo.
Si è concluso cosi il terzo anno del laboratorio di Psicologia, laboratorio e non corso , perché si cerca, nei limiti del possibile, di non fare delle lezioni ma di creare dei momenti interattivi dove stimolare la partecipazione e il confronto.
Ogni anno si parte con argomenti principali che possono interessare tutti e poi lo scambio in aula porta a sviluppare discorsi non programmati , tuttavia rimane un filo conduttore : il primo anno si è parlato delle passioni e delle ansie come si esprimono nei vari contesti e periodi del ciclo di vita , nella coppia , nella famiglia ,nel gruppo, nel rapporto genitori- figli , dalla nascita alla vecchiaia, il secondo anno il laboratorio si è focalizzato intorno al linguaggio dell’inconscio e ai modi in cui si manifesta e ai meccanismi con cui ci difendiamo da esso, fino a trattare il tema del doppio, nell’arte, nella letteratura e nella vita.
Quest’anno ,essendo la cadenza quindicinale e non più settimanale il laboratorio si è diviso in tre parti , nella prima si è affrontato il tema del comico, del riso e dell’uso dell’ironia, nel secondo si è parlato di attaccamento, del suo significato , valore e di come possa essere usato per comprendere il senso delle relazioni che si vivono nel passato e nel presente, l’ultima parte (più ampia ) è stata dedicata al ruolo della fantasia nella vita di ogni giorno.
Un libro molto discusso non ancora tradotto in italiano, LE CAPITAIL AU XXI SIECLE, di Thomas Piketty, mostra chiaramente come le sperequazioni tra i redditi sono diventate cosi elevate da raggiungere i livelli registrati durante l’ottocento e in che modo l’eredità e i patrimoni stanno producendo disuguaglianze enormi , ci troviamo quindi di nuovo nella stessa condizione sociale in cui si trovarono i nostri bis o trisnonni , cioè prima dell’avvento dei movimenti socialisti e comunisti .Da diversi anni insieme ad altri colleghi stiamo riflettendo sulla necessità di trovare delle vie per ampliare la possibilità alle persone di accedere ad un aiuto psicologico. Nel corso dell’ultimo anno in collaborazione con un collega pedagogista e una Cooperativa abbiamo progettato un centro di mediazione familiare ( che è attivo a Zelo Surrigone in provincia di Pavia ) che offre anche dei trattamenti psicologici a prezzi modici legati alle fasce di reddito . Del resto già nel nostro studio applichiamo dal 2007, dall’inizio dell’ultima crisi, tariffe agevolate per disoccupati, studenti, precari e persone con disagio lavorativo.
In un brano del 1918 Freud auspicava una psicoterapia per il popolo, in “Vie della terapia psicoanalitica “ riteneva che prima o poi il grado di coscienza raggiunto dalle società avrebbe consentito di fornire assistenza psicologica alla maggior parte delle persone senza distinzione di classe perchè, evidenziava, “ le nevrosi minacciano la salute pubblica non meno della tubercolosi “ , potreste sostituire il termine nevrosi con depressione, dissociazione mentre tubercolosi con malattie cardiovascolari o degenerative e possiamo constatare che la situazione nell’epoca dello smantellamento del welfare ( dove è esistito) non sia cambiata tanto da allora.
Freud aggiungeva che qualsiasi forma avrebbe assunto questa psicoterapia per il popolo essa sarebbe stata obbligata “a legare il puro oro dell’analisi con il bronzo della suggestione diretta “, questo passo è stato per tanto tempo interpretato erroneamente come un ribadire la differenza tra psicoanalisi e altre forme di terapia, mentre si può trovare un invito a percorrere altre strade , fuori dai sentieri battuti ,dove la psicoanalisi si possa ibridare, fecondare con altri orientamenti e suggerimenti. In questo senso crediamo in una forma di psicoanalisi “terza” o progressiva come affermano Aron e Starr in un recente libro”A psychoterapy for the people“una psicoanalisi più flessibile ed inclusiva , in una nuova visione che possa oltrepassare la logica binaria delle contrapposizioni tra mascolinità e femminilità , tra eterosessualità e omosessualità , tra trattamento e cura , tra autonomia e dipendenza, tra vero e “falso”, che ha sempre posto i primi termini gerarchicamente superiori rispetto ai secondi, recuperando lo spirito umanistico delle origini. Spunti di discussione:
H.Balzac, Pere Goriot,1835, qualsiasi traduzione.
S.Freud , Vie della terapia psicoanalitica, Opere complete ,1918, Bollati Boringhieri, vol.9
Liberami da questo veleno !! la terapia tradotta dai pazienti.
Spesso i pazienti ci chiedono cosa stiamo facendo esattamente, come sia possibile che stia avvenendo un cambiamento dentro di loro e nelle relazioni che vivono.… Potremmo rispondere che quando la terapia funziona e procede, pur tra mille difficoltà, si verifica in sintesi quello che Shakespeare nel sonetto 35 descrive in maniera esatta : “ contaminando me stesso , nel medicare il tuo malanno “ in alcune traduzioni si preferisce il verbo “corrompere” a “contaminare”, ma il senso rimane quello, l’originale inglese è “Myself corrupting, salving thy amiss”,noi terapeuti ,nel migliore dei casi , ci ammaliamo nella relazione di ciò che soffre il paziente, in qualche modo, durante il percorso terapeutico ci facciamo contagiare, contaminare per liberare la persona da ciò che l’affligge, alleviare la sua sofferenza e trasformarla.
Per entrare in contatto con il dolore nascosto del paziente non è sufficiente che “ il campo si ammali”…
Ed essendo ogni sofferenza diversa dalle altre, ogni terapia diventa unica e irripetibile.
Una paziente mi disse, nel corso di una terapia, che veniva per liberarsi del veleno che sentiva dentro di sè: sta ad ogni terapeuta il compito di attrezzarsi adeguatamente per fornirsi di una certa dose di antidoto e di anticorpi (analisi e supervisioni , certo, ma anche rapporti personali e stile di vita, rapporti con i colleghi, letteratura, l’uso del tempo libero…) per evitare di soccombere al veleno, ma il veleno va comunque assorbito fino in fondo.
Il video è tratto da un film recente che narra la relazione terapeutica tra George Deveraux e un indiano reduce di guerra , da cui era stato tratto uno dei libri memorabili che hanno dato origine agli studi di psicoanalisi applicata all’etnologia., ne riparleremo..